Un singolo esame del sangue è in grado di riconoscere oltre 50 tipi diversi di cancro, inclusi i dodici “big killer” a più alta mortalità, anni prima che i sintomi appaiano. Questa innovazione, sviluppata dai principali centri oncologici statunitensi e britannici, sfrutta un algoritmo di intelligenza artificiale per analizzare il DNA tumorale circolante nel sangue.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Annals of Oncology, segnano un passo significativo verso lo screening oncologico universale, sebbene l’applicazione clinica non sia ancora immediata. La tecnologia ha dimostrato un’elevatissima specificità, risultando negativa nel 99,3% degli individui sani e indicando correttamente l’organo di origine del tumore in oltre il 90% dei casi positivi.
Come funziona il test basato su intelligenza artificiale
Il cuore di questa rivoluzione diagnostica è un sofisticato algoritmo di intelligenza artificiale. I ricercatori hanno “addestrato” questo sistema utilizzando 3.052 campioni di sangue, di cui 1.531 provenienti da persone con tumore e 1.521 da soggetti sani.
Il processo di apprendimento automatico ha insegnato all’algoritmo a riconoscere e interpretare un milione di “basi metilate”, piccoli marcatori chimici che regolano l’espressione dei geni e che le cellule tumorali rilasciano nel flusso sanguigno. Questa firma epigenetica unica permette non solo di segnalare la presenza di un tumore, ma anche di risalire al tessuto o all’organo in cui si è originato.
“Il test non solo dimostra la presenza del cancro, ma fornisce informazioni precise sul tipo di cancro e su dove il professionista della salute dovrebbe cercare la neoplasia”, ha dichiarato l’immunologo e coautore dello studio Michael Seiden dell’azienda US Oncology.
I risultati dello studio: altissima specificità ma sensibilità variabile
La fase di validazione del test, condotta su quasi 7.000 campioni (2.500 da pazienti oncologici e 4.000 da soggetti sani), ha prodotto dati contrastanti ma promettenti.
Specificità del 99,3%: In una popolazione sana, la probabilità di un falso allarme è estremamente bassa (solo lo 0,7% dei casi). Questo è un parametro cruciale per un test di screening, per evitare inutili ansie e esami di approfondimento invasivi.
Individuazione dell’organo di origine: Quando il test segnala un tumore, la sua capacità di indicare correttamente da dove proviene la malattia supera il 90%, un dato che fornisce ai medici un prezioso punto di partenza per gli accertamenti.
Sensibilità complessiva del 44%: Considerando tutti i 50 tumori, il test ha identificato correttamente la malattia meno della metà delle volte. La sua efficacia aumenta significativamente con l’avanzare della malattia: ha rilevato solo il 18% dei tumori di stadio I, ma il 43% di quelli di stadio II e ben l’81% di quelli di stadio III.
Performance superiori contro i “big killer” del cancro
I risultati più significativi emergono quando il test viene applicato ai dodici tipi di cancro con il più alto tasso di mortalità, tra cui pancreas, intestino e ovaio. Per queste neoplasie, particolarmente insidiose perché spesso diagnosticate in fase avanzata, le performance del test migliorano drasticamente. In questo gruppo selezionato, la sensibilità complessiva per gli stadi precoci (I, II e III) raggiunge circa il 67%.
Questo dato indica che la tecnologia potrebbe trovare un’applicazione prioritaria proprio nello screening delle persone a più alto rischio per questi tumori letali, dove una diagnosi anticipata può cambiare radicalmente la prognosi.
I limiti e le prospettive future
Nonostante l’entusiasmo, i ricercatori sottolineano i chiari limiti dell’attuale tecnologia. La bassa sensibilità per i tumori in stadio iniziale (18%) rappresenta la sfida principale. Un’accuratezza così bassa in questa fase preclude per ora l’utilizzo del test come strumento di screening universale per la popolazione generale. Tuttavia, lo studio dimostra la fattibilità del concetto e apre la strada a ricerche future.
L’obiettivo è affinare l’algoritmo, magari addestrandolo su un numero ancora maggiore di campioni, per migliorarne la precisione nella rilevazione delle forme tumorali più precoci. Questo avvicinerebbe la comunità scientifica all’ambizioso traguardo di un unico esame del sangue in grado di prevedere con largo anticipo lo sviluppo della stragrande maggioranza dei tumori, trasformando radicalmente l’approccio alla lotta contro il cancro.




























