Un giovane con patologie psichiatriche muore nella sua cella nonostante i soccorsi. Il sindacato denuncia: “Il sovraffollamento nella struttura è del 32%”. Un detenuto di 26 anni, di nazionalità nordafricana, si è tolto la vita la notte scorsa all’interno della Casa circondariale di Ariano Irpino, in provincia di Avellino.
Il giovane, che era affetto da note patologie psichiatriche, ha posto fine alla propria vita mediante impiccagione nella cella dove era ristretto. Gli agenti di polizia penitenziaria in servizio e il personale sanitario sono intervenuti tempestivamente, ma ogni tentativo di rianimarlo è risultato vano. Il segretario generale dell’Uilpa Penitenziaria ha subito posto l’accento sul sovraffollamento carcerario, un problema endemico che in questa struttura raggiunge il 32%, con 286 detenuti a fronte di 216 posti regolari.
Tragedia nel carcere di Ariano, un morto
La drammatica scoperta è avvenuta durante un normale giro di controllo notturno da parte delle guardie. L’allarme è scattato immediatamente, ma le condizioni del 26enne erano già disperate. I sanitari del carcere e quelli del 118, giunti sul posto, non hanno potuto far altro che constatare il decesso. La magistratura è stata informata e ha avviato le indagini di routine per accertare le dinamiche precise dell’accaduto e le eventuali responsabilità. Il corpo è stato successivamente trasferito in ospedale per gli accertamenti autoptici disposti dal procuratore di turno.
Il fatto riaccende i riflettori sulle criticità del sistema penitenziario italiano. Il segretario generale dell’Uilpa Penitenziaria ha rilasciato una dichiarazione dura e chiara in merito alla tragedia. “Questo ennesimo episodio dimostra che servono provvedimenti immediati per affrontare l’emergenza sovraffollamento“, ha affermato.
Ha poi proseguito sottolineando come la situazione ad Ariano Irpino, con 70 detenuti in più della capienza consentita, rappresenti un terreno fertile per il degrado, lo stress e, purtroppo, gesti estremi. La mancanza di spazi e risorse, unita alla carenza cronica di personale, rende difficile una costante e attenta sorveglianza, specialmente per i soggetti più fragili.
La vulnerabilità dei detenuti con disturbi mentali è un tema centrale in questa vicenda. Il giovane nordafricano era già noto all’amministrazione per le sue precarie condizioni psichiche. Questo profilo avrebbe forse richiesto misure di vigilanza e supporto specialistiche, che in un contesto di carenza di organico e di spazi diventano estremamente complesse da garantire.
Le associazioni per i diritti umani e il garante dei detenuti segnalano da anni i rischi connessi alla permanenza in carcere di persone con gravi patologie psichiatriche, auspicando percorsi alternativi alla detenzione in strutture adeguate.
Il carcere di Ariano Irpino diventa così l’ultimo simbolo di un’emergenza nazionale. I dati aggiornati del Ministero della Giustizia confermano che il sovraffollamento interessa gran parte degli istituti penitenziari del paese.
Questo ambiente, dove la promessa rieducativa della pena fatica a realizzarsi, è spesso teatro di episodi di violenza, autolesionismo e, come in questo caso, suicidi. La tragedia di Ariano non è un evento isolato, ma si inserisce in un triste filone di morti evitabili che periodicamente scuote l’opinione pubblica.
Le indagini delle autorità competenti proseguono per ricostruire ogni dettaglio delle ore che hanno preceduto il suicidio. Si sta verificando se il 26enne avesse lanciato segnali di disagio o avesse fatto richieste specifiche che non sono state accolte.
Parallelamente, la politica e le istituzioni sono chiamate a una riflessione urgente. L’episodio, infatti, non è solo una questione di ordine e sicurezza, ma investe il tema più ampio della tutela della dignità umana e del rispetto dei diritti fondamentali, anche all’interno di un penitenziario.




























