L’esame di Stato conclude un ciclo e ne inaugura un altro. Il parlamento italiano ha dato il via libera definitivo a una riforma che trasformerà profondamente l’esperienza della Maturità 2026. L’approvazione definitiva alla Camera dei Deputati, avvenuta il 28 ottobre, segna un punto di non ritorno per il sistema scolastico nazionale.

Il testo di legge introduce modifiche sostanziali che toccano ogni aspetto dell’esame, ribattezzato semplicemente “esame di Maturità”. Le novità più significative riguardano la struttura del colloquio orale, che diventa obbligatorio per il superamento dell’esame, e la composizione delle commissioni giudicatrici.

Questi cambiamenti, voluti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, mirano a ridefinire le priorità educative e valutative. Ecco una guida dettagliata su come funzionerà l’esame a partire dall’anno scolastico 2025/2026.

Come cambia il colloquio orale alla Maturità 2026

Mentre le due prove scritte manterranno la loro struttura attuale, il cuore della riforma batte nel colloquio orale. La prima prova, quella di italiano, rimarrà identica per tutti gli indirizzi di studio, con le sette tracce ministeriali suddivise nelle consuete tre tipologie. Anche la seconda prova, specifica per ogni indirizzo, continuerà a essere definita centralmente dal Ministero. La vera rivoluzione si consuma nella prova orale.

La prima, fondamentale novità è l’obbligatorietà. Chi non sostiene il colloquio orale non potrà ottenere il diploma, anche nel caso in cui abbia raggiunto un punteggio sufficiente con gli scritti e i crediti scolastici.

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Questa disposizione rappresenta una stretta decisa dopo le proteste studentesche dello scorso giugno, quando alcuni candidati decisero di non presentarsi all’orale. Il ministro dell’Istruzione e del Merito ha sottolineato la necessità di garantire la completezza della valutazione.

A cambiare, tuttavia, non è solo l’obbligo, ma l’intera architettura della prova. Scompare l’incipit con il materiale proposto dalla commissione. I maturandi non inizieranno più il colloquio analizzando un documento, un’immagine o un testo fornito sul momento per creare collegamenti multidisciplinari.

Al suo posto, la prova si organizzerà attorno a un nucleo di quattro discipline. Queste materie saranno individuate annualmente da un decreto ministeriale, lo stesso che definirà le discipline della seconda prova scritta, di solito emanato nel mese di gennaio.

Il colloquio integrerà anche la valutazione delle competenze acquisite in Educazione civica e delle esperienze svolte nei Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO, ex alternanza scuola-lavoro). Questo approccio mira a dare un peso formale a questi aspetti del curriculum, allineando la valutazione finale alle competenze trasversali richieste dal mondo contemporaneo.

Come sarà composta la commissione d’esame

Un altro pilastro della riforma riguarda l’organismo giudicante. Le commissioni d’esame subiranno un significativo ridimensionamento. A partire dalla Maturità 2026, il numero dei commissari scenderà da sette a cinque. La nuova composizione prevede la presenza di due membri esterni e due membri interni, oltre al presidente di commissione.

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La legge stabilisce che i docenti interni dovranno possedere una formazione specifica. Inoltre, dovranno appartenere alle aree disciplinari che il Ministero dell’Istruzione e del Merito indicherà annualmente con un apposito decreto.

Il ministero avrà 60 giorni dall’entrata in vigore della norma per emanare il primo di questi decreti attuativi. Questo meccanismo garantisce una maggiore flessibilità e adattamento del sistema alle esigenze che emergeranno di anno in anno.

Come influisce il voto in condotta sull’esame di Maturità

La riforma interviene in modo deciso anche sul tema del comportamento e della condotta. Il voto in condotta torna a essere un elemento decisivo per l’accesso all’esame e per la valutazione finale. La nuova normativa prevede che un voto di 5 in condotta comporterà la non ammissione all’esame di Maturità.

Per gli studenti che otterranno un 6 in condotta, la strada per il diploma non sarà diretta. Saranno chiamati a sostenere una “prova di cittadinanza attiva”. I dettagli operativi di questa prova saranno definiti con successivi decreti, ma il suo scopo è chiarire che la sufficienza in condotta è un requisito minimo che va consolidato.

Sempre in tema di votazione, il punteggio massimo finale sarà accessibile solo agli studenti che avranno conseguito almeno un 9 in condotta.

Per quanto riguarda le prove Invalsi, la riforma chiarisce il loro ruolo. I risultati di queste prove non influenzeranno in alcun modo il voto finale dell’esame. Tuttavia, a partire dal 2026, i risultati delle prove Invalsi verranno restituiti agli studenti.

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L’obiettivo dichiarato è quello di favorire un processo di autovalutazione e di fornire un feedback sulle competenze di base. Questa misura si inserisce in un’ottica di miglioramento del sistema scolastico e di orientamento per le scelte future degli studenti.

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