Un cessate il fuoco storico è entrato in vigore nella Striscia di Gaza, ponendo fine a 735 giorni di guerra dopo la ratifica da parte del governo israeliano. La tregua, siglata in Egitto, attiva un complesso meccanismo di ritiro militare e liberazione di ostaggi. Una task force congiunta con 200 soldati statunitensi e militari da Egitto, Qatar, Turchia e possibilmente Emirati Arabi Uniti avrà il compito di monitorare il rispetto dell’intesa.
L’Idf, le forze di difesa israeliane, inizieranno il ritiro fino alla Linea Gialla indicata nelle mappe dell’accordo entro le prossime 24 ore. Al termine di questa prima fase, Hamas avrà 72 ore per rilasciare tutti gli ostaggi ancora in vita.
Il percorso dell’accordo e i protagonisti internazionali
Il documento, finalizzato ieri mattina al Cairo, ha ricevuto l’approvazione definitiva del governo israeliano durante la notte. L’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso pubblicamente il suo sostegno all’intesa, affermando: “Abbiamo fermato la guerra, sarà una pace duratura”. In merito all’ipotesi dei due Stati, Trump ha dichiarato di intendersi “attenerrà a ciò che le parti concordano”.
Il leader americano è atteso in Israele domenica, per poi recarsi in Egitto per la firma ufficiale dell’accordo. L’ufficializzazione di questo cessate il fuoco rappresenta una svolta dopo oltre due anni di conflitto, con la comunità internazionale che gioca un ruolo cruciale nel facilitare il dialogo.
Tempistiche e dettagli operativi del ritiro
Il piano di disimpegno prevede tempistiche serrate e precise.
Entro 24 ore dalla entrata in vigore della tregua, le forze israeliane completeranno il ritiro fino alla Linea Gialla, un confine definito nelle mappe allegate all’accordo.
Completato il ritiro, scatterà un countdown di 72 ore per Hamas, che dovrà procedere al rilascio di tutti gli ostaggi in vita.
Questa prima fase operativa getta le basi per la successiva applicazione degli altri punti dell’intesa.
Lo scambio e la questione dei prigionieri
Il cuore dell’accordo umanitario si basa su uno scambio. La prima fase prevede la liberazione di 20 ostaggi vivi, che secondo le previsioni avverrà “lunedì o martedì”. In cambio, Israele rilascerà 1.950 prigionieri palestinesi. Tuttavia, fonti precisano che tra di essi non sarà incluso Marwan Barghouti, una figura di spicco. Per la restituzione dei corpi degli altri ostaggi, Hamas ha richiesto un periodo ulteriore di 10 giorni. Questo passaggio è tra i più delicati e sarà un banco di prova per la tenuta dell’intero accordo.
Il ruolo chiave della Task Force di monitoraggio
La sostenibilità a lungo termine della tregua poggia sull’operato della task force congiunta di monitoraggio. Il contingente, composto da 200 soldati statunitensi e unità militari da Egitto, Qatar, Turchia e con il possibile coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti, avrà la responsabilità di verificare sul campo il rispetto dei termini del cessate il fuoco. La sua presenza fondamentale per costruire un monitoraggio della tregua e prevenire violazioni che potrebbero innescare una nuova escalation, garantendo che entrambe le parti adempiano agli impegni presi.
Prospettive future e reazioni
Mentre la macchina operativa si mette in moto, le reazioni politiche cominciano a definirsi. L’annuncio di Trump è stato seguito da un commento del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che in modo sarcastico ha dichiarato: “Ora dategli il Nobel per la Pace”. La situazione resta fluida e il suo evolvere dipenderà dall’effettivo rispetto di ogni fase concordata. L’imminente visita del leader americano nella regione sottolinea il peso dell’influenza diplomatica esterna in un processo che mira a chiudere uno dei capitoli più lunghi e dolorosi del conflitto.