La vicenda di Chiara Petrolini ha sconvolto l’Italia intera. Una ragazza di 22 anni, descritta da chi la conosceva come una babysitter dolce e solare, ora siede sul banco degli imputati, accusata di aver ucciso i suoi due figli neonati e di averli sepolti nel giardino di casa a Vignale di Traversetolo, in provincia di Parma. Il processo in Corte d’Assise a Parma, giunto alla terza udienza, sta cercando di fare luce su una delle domande più angoscianti: come può coesistere l’immagine di una giovane donna empatica e amorevole con i bambini con l’orrore di un duplice infanticidio?
Un genitore, i cui figli erano affidati alle sue cure, la descrive senza esitazione: «Era bravissima: era solare, sorridente. I bambini si trovavano bene con lei, non l’hanno mai vista arrabbiata, non ha mai gridato, urlato. Si comportava con i bambini in una maniera molto naturale, dolce».
Questa rappresentazione idilliaca si scontra però con l’accusa di aver partorito e fatto morire due suoi figli, nati a distanza di poco più di un anno, per poi seppellirli nella terra fuori casa. Un contrasto così profondo da apparire incomprensibile.
Le gravidanze invisibili e i ritrovamenti in giardino
Chiara Petrolini avrebbe portato avanti entrambe le gravidanze nella più assoluta segretezza, senza che nessuno, nemmeno i genitori o il fidanzato, se ne accorgesse. Il primo corpo, quello di un neonato nato due giorni prima, è stato trovato il 9 agosto 2024, sepolto nel giardino della casa familiare. La giovane, secondo quanto ricostruito, lo avrebbe nascosto sotto un palmo di terra per poi partire per una vacanza con la sua famiglia.
Solo un mese dopo, le indagini dei Carabinieri hanno portato alla luce un secondo, agghiacciante ritrovamento: i resti di un altro bambino, sepolto nello stesso giardino dal 12 maggio 2023. L’ex fidanzato della ragazza, padre di entrambi i neonati, ha dichiarato in aula di non aver mai sospettato nulla, nemmeno quando la vedeva senza vestiti.
Anche i genitori di lui e i suoi amici più stretti, interrogati nelle prime fasi, hanno escluso in modo categorico la possibilità che Chiara Petrolini potesse essere incinta.
L’analisi della psicologa: “Omicidi ad escalation, c’è serialità”
In aula, la colonnella Anna Bonifazi, psicoterapeuta e responsabile della sezione di psicologia e criminologia dei Carabinieri, ha fornito una chiave di lettura tecnica e agghiacciante.
Ha definito i delitti “omicidi ad escalation asimmetrica”, spiegando che «c’è stato un aumento del motore criminale non frenabile, un motore che inizia purtroppo già dall’ideazione, quindi già dall’immaginazione nell’autore e va avanti senza possibilità alcuna di esser bloccato».
La psicologa ha sottolineato un elemento particolarmente inquietante: «La seconda gravidanza viene in qualche modo cercata, è un dato di fatto». Ha poi aggiunto: «C’è serialità – c’è logica, un passaggio all’atto non bizzarro, non c’è alcuna azione che possa apparire non finalizzata».
Questo pattern di comportamento, secondo l’esperta, indica una persona capace di entrare e uscire da impatti emotivi elevatissimi senza mostrare scossoni interiori, un tratto tipico della serialità.
Il dramma in aula e la ricerca della verità sull’intelletto
L’atmosfera in aula è stata carica di emotività. Quando è stata mostrata la foto scattata dal 118 di uno dei neonati ritrovati, Chiara Petrolini ha lasciato l’aula, su richiesta del suo difensore. Anche l’ex fidanzato, padre dei bambini, ha abbandonato l’aula con il volto provato durante la deposizione di un investigatore che ricostruiva i dettagli del ritrovamento.
Il maresciallo dei Carabinieri Carlo Salvatore Perri, uno dei primi a intervenire sul posto, si è commosso durante la sua testimonianza: «Vidi questo corpicino… e le dico ho difficoltà, essendo padre, in quel momento non sono stato bene».
Le dichiarazioni della giovane, emerse dalle intercettazioni ambientali, la mostrano spaesata mentre cerca di giustificarsi con i genitori: «Non sapevo cosa fare, non sapevo come dirvelo, avevo paura, nessuno sapeva nulla». Sosteneva che il bambino fosse nato morto.
Proprio per fare piena luce sulle sue reali condizioni, la Corte d’Assise ha disposto una perizia psichiatrica sulla sua capacità di intendere e di volere all’epoca dei fatti. Le perizie, affidate a due esperte, sono attualmente in corso e le conclusioni sono attese per febbraio 2026.
La difesa insiste nel voler capire “chi sia” veramente la giovane, mentre la pubblica accusa ha inizialmente sottolineato come non emergessero patologie dalla sua storia clinica.
Una ferita collettiva che interroga la società
Il caso di Chiara Petrolini trascende i confini dell’aula di tribunale e diventa uno specchio per interrogazioni più amare e scomode. Com’è possibile che due gravidanze, in una ragazza di costituzione normale, siano passate inosservate a tutti? Dov’erano i campanelli d’allarme che una comunità, una famiglia, una rete di amici avrebbero potuto cogliere?
Al di là del verdetto finale, che spetta esclusivamente alla giustizia, questa tragedia lascia una ferita profonda. I due neonati, a cui il padre ha dato un nome e un cognome, Angelo Federico e Domenico Matteo, sono stati benedetti e sepolti in forma privata. La loro breve esistenza, conclusa in modo così crudele, costringe a riflettere sul abisso che a volte può nascondersi dietro un’apparenza normale e sul silenzio assordante che può avvolgere un dolore indicibile.